Efesto e le nostre ferite

Efesto è una divinità dell’Olimpo con una particolare storia: viene generato da Era, ormai già svuotata del potere delle Dee madri precedenti, e relegata al ruolo di moglie di Zeus che agisce più per reazione al marito che per suo intento. O almeno così succede in questa storia: Era, invidiosa di Zeus che è stato in grado di creare Atena senza bisogno di una madre (e potremmo parlare a lungo della simbologia di questo) genera a sua volta Efesto. E qui la storia si dirama: in una versione nasce con un piede storto, e per questo Era lo butta giù dall’Olimpo, nell’altra viene buttato giù dall’Olimpo da Zeus, che non gradisce la sua presa di posizione in questioni familiari, e questo gesto sarà poi la causa della sua zoppìa. Seguendo questa storia non potevamo, lavorando su Efesto, che scegliere di incontrare la nostra ferita, di interrogarci sui nostri sentimenti di esclusione dall’Olimpo, di parlare delle emozioni che nascondiamo nel nostro calderone, il nostro vulcano pronto ad esplodere.

E come sempre quando si lavora in cerchio ciò che è di uno diventa di tutti, e così ci ritroviamo a condividere il senso di esclusione di chi ha sentito di non rispondere alle aspettative dei genitori o di chi da ragazzina è stata esclusa dalle amicizie. E come sempre in cerchio scopri che quello che provi tu, o che hai provato, lo provano gli altri. E così una ragazza giovane scopre che i suoi passi li hanno già percorsi altri, e qualcuno si accorge di una ferita che ignorava, e che magari l’ha condizionata più di quanto pensava…

Proviamo a curarci guardandoci negli occhi, senza sfuggire, senza nasconderci, senza paura di farci vedere per ciò che siamo, con la nostra luce e con la nostra ombra, accogliendo lo sguardo dell’altro con rispetto, con presenza, con accoglienza. E se sempre potessimo guardarci così, forse le nostre ferite di giovani dei e dee rifiutati potrebbero essere sanate!

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