Essere madri stanca! Stanca oltre la fatica fisica, stanca nel tentativo di fare il massimo per renderli felici!
E se quando sono piccoli la fatica riguarda moltissimo il fisico e il tentativo di capire, leggere, approfondire, valutare, poi, nel tempo, man mano che crescono quello che stanca è la tensione a cercare la strada per renderli felici. Perché quella strada intanto non è più così totalmente in mano tua, e poi perché anche questa felicità è tanto, tanto più complicata…. Non riguarda più la storia da leggere la sera, o il colore del maglioncino da indossare. Non ha a che fare con l’improvvisare una gita, con la loro torta preferita, con l’invito degli amichetti per la merenda. Non riguarda la gratificazione data dal maestro, o il rito delle bolle di sapone per l’arrivo della primavera. Ora è una questione molto più profonda, con mille possibili sfaccettature dove non si raccapezzano loro e non ti raccapezzi neanche tu.
Perché tu per prima ti guardi intorno smarrita e ti chiedi se era così il mondo anche quando gli adolescenti eravamo noi. Ma ti ricordi che le stesse domande se le ponevano tua madre e tua nonna, quindi ci deve essere qualcosa di ricorrente, che parla di tempo che passa e di generazioni, non può essere legato solo ai media, all’elettronica, alla violenza in tv, alle droghe sempre più violente ed inquietanti, ai suicidi per un selfie di troppo, all’alcool per ubriacarsi e non per divertirsi, al sesso usa e getta…. e ti senti di colpo come se avessi cent’anni, perché sembrano discorsi da nonna, bisnonna e prozia, ma io adolescente lo ero negli anni ’80-’90, che si, vabbè, è il secolo scorso, ma non è così tanto tempo fa…. me lo ricordo anche io quel senso di mal di vivere, quello che portava ad amare Baudelaire e Jim Morrison, la letteratura gotica e gli horror, quel senso profondo di incomprensione, distacco, quel dirsi “non so cosa voglio, cosa mi importa, dove voglio essere domani”, quel desiderio di fuggire, di nascondersi, di trovare un posto ad un tempo sicuro ed accogliente, ma anche nuovo e sconosciuto dove perdersi…
Si, me lo ricordo quando mi sentivo così, quando al fuoco della passione adolescenziale si alternava questo immenso mare oscuro e calmo dove avrei voluto solo sprofondare. Eppure, da qui, non so come prenderli per mano e spiegare loro che è così, capita, succede, fa parte di questa orribile, meravigliosa età in cui tutto è estremo e folle, dove passi dalle montagne russe al nulla in un decimo di secondo. E’ così, e non puoi far altro che viverle, queste onde, che cavalcarle, che affogarci un po’, a volte. E puoi essere esausto delle montagne russe, e domani sarai esasperato dal piattume, ma è proprio qui, tra queste onde anomale e le basse maree, che capirai chi sei, cosa vuoi, qual è il cammino del tuo cuore. L’unico consiglio che posso darvi è di non dimenticarvi di guardare la luce, sempre, anche nel momento più buio. Perché se c’è una cosa che so per certo di avervi insegnato è che l’ora più buia della notte è quella più vicina all’alba. E voi siete due soli meravigliosi, luminosi e caldi, e il mondo aspetta solo di vedere la vostra luce, anche quando vi sentite soltanto dei cuccioli bagnati e infreddoliti. Anzi, in quei casi, ricordatevi che c’è sempre una storia nuova, o vecchia, che vi posso raccontare, una torta che vi posso preparare, o un abbraccio che vi posso dare.
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