Quanto usiamo il sesso e la sessualità per manipolare l’altro? Quanto usiamo la seduzione per giocare con il nostro potere? Quanto, invece di viverlo liberamente, lo usiamo? Anche su questo aspetto abbiamo decine di battute, scenette e altro. E’ il sesso fatto per ottenere qualcosa, per distrarci da qualcosa che non vogliamo affrontare, ma è anche il non farlo per punire il nostro uomo, come se poi la punizione fosse solo per lui. E’ la seduzione agita per una questione di potere, e non quella parte di energia vitale che scorre liberamente, che ci fa sentire belle, libere e potenti indipendentemente da chi ci guarda, da come ci vede, da cosa pensa.
Non parlo della libertà di vivere e manifestare la propria sensualità come si desidera, ma parlo di quel passaggio sottile in cui un’azione, un vestito, un modo di fare sono più legate alla reazione dell’altro, che non al nostro modo di essere.
Quando la nostra energia vitale e sessuale scorre liberamente viviamo una connessione profonda con noi stesse, che non ha niente a che fare con l’altro, con la sua reazione, con la risposta del mondo. Siamo perché siamo, e questa vibrazione si sente e si riconosce. Mi auguro che la abbiamo provata tutte qualche volta, e sicuramente l’abbiamo vista e riconosciuta in qualcuno che la provava. E’ quel sentirsi belle, potenti ed integre che si prova quando camminiamo per strada avendo appena raggiunto un risultato, con quel vestito che ci fa sentire così, o perché siamo innamorate e tutto il mondo è bello e pieno d’amore. Questo modo di vivere la nostra energia è molto diversa da quel senso di fare per…. Ottenere, piacere, essere vista….
La Manipolatrice, la Seduttrice, sono quelle parti di noi che ci fanno sentire in competizione, con le altre donne, ma anche con il nostro compagno, come se ogni relazione fosse un gioco di potere, in cui è destino che uno vinca ed uno perda. E’ quel concetto che ci hanno insegnato con ogni canzone, in cui uno dei due sarà sempre destinato ad amare di più, a soffrire di più, e noi vogliamo essere quelle che ne escono con meno sofferenza. Ma forse abbiamo confuso semplicemente il fatto che si può amare, desiderare, esternare in modi diversi, e questo è legittimo e naturale, ma non significa che uno dei due debba soffrire e l’altro possa vincere. Vincere cosa? E’ la nostra vita, è la nostra relazione, il nostro desiderio profondo non è in realtà quello di fluire con l’altro? Di danzare con l’altro? Di comunicare da cuore a cuore? Di camminare insieme?
Impariamo che avere due ritmi diversi non significa amare di più o di meno, perché non è una gara, è un cammino. Possiamo fermarci ad aspettare, possiamo chiedere di rallentare, possiamo essere vere nelle nostre difficoltà e nei nostri punti di forza, e non trasformare tutto questo in un campo di battaglia, cercando di scardinare insieme un modo di pensare che ci hanno inculcato, ma che forse non è più così necessario per sopravvivere!
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